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La soluzione
La soluzione del problema
Esiste, ed è l’uovo di Colombo. Questo è quanto ti dice l’inventore “tipo”, quello che ha sempre pronto un progetto per qualsiasi problema: e ce ne sono tanti, vedi l’articolo “Gli italiani, popolo di santi, poeti e inventori” pubblicato sulla scorsa edizione di questo mensile. E per il problema (tragedia) rifiuti? Anche in questo caso la soluzione c’è, ed è l’uovo di Colombo: così afferma Salvatore Valva, che però dell’inventore “tipo” ha poco o nulla.
Anni di studio, continua documentazione sul campo, specialmente all’estero, concretezza e razionalità nell’approccio del problema sono stati i cardini dell’azione di questo inventore napoletano che ha brevettato un sistema semplice e nello stesso efficace per aggredire immediatamente la tragedia ambientale e sanitaria che attanaglia la Campania. “Attenzione, non è un grave problema solo per la Campania - ci dice – mi risulta che presto scoppierà anche il caso Roma, mentre tante realtà in Italia come in Europa stanno per giungere al loro punto di saturazione”. E allora che fare? “Accantonare in discariche sempre più grandi una massa enorme di rifiuti non è certo la soluzione – afferma – bisogna distruggere immediatamente le ecoballe (che di eco hanno ben poco) e questo può avvenire solo con bruciatori o termovalorizzatori: ma questa soluzione rimanda anche all’eterno problema delle scorie. In effetti le strutture citate, anche fatte secondo le più rigide normative europee, producono due tipi di scorie, quelle solide che possono essere riciclate nelle costruzioni edili, per esempio pavimentazione stradale, mattoni ecc. e il particolato, che secondo la legge non è inquinante perché le emissioni di questi impianti sono al di sotto dei limiti fissati. Comunque l’emissione di queste particelle nell’aria c’è e l’accumulo nel tempo di queste particelle rende le aree adiacenti fortemente inquinate: per tale motivo i cittadini e gli Enti Locali delle aree interessate da inceneritrori si oppongono alla realizzazione di tali impianti; il potere inquinante del particolato su terra ferma impiega molto tempo perché questo divenga inattivo, inerte; altro discorso invece se queste emissioni avvengono in un ambiente altamente dinamico, che elimini la possibilita’ di accumulo di tali particelle inquinanti, come può essere il mare”. Ecco allora la soluzione ideale, montare il bruciatore su grandi pontoni, meglio se autopropulsi, che hanno anche il grande vantaggio di potersi spostare ed andare dove c’è la crisi, l’emergenza rifiuti; e per affrontare l’emergenza la cosa migliore è iniziare a bruciare subito una massa enorme di rifiuti in modo da alleggerire la pressione sulle discariche fino a farle divenire solo un luogo di accantonamento momentaneo e transito verso gli shuttle che dovranno rifornire l’inceneritore. “Che poi può divenire, essendo il progetto modulare – spiega ancora Salvatore Valva – anche produttore di energia elettrica e rifornire di energia tutti gli impianti di bordo, compresi i motori per la navigazione. Io immagino alcuni di questi sistemi sul versante adriatico ed altrettanti su quello tirrenico in modo da assolvere a tutta una serie di esigenze compresa anche quella di controllo dell’inquinamento marino, dei veri guardiani del mare, perché l’inquinamento marino è un problema molto serio: pensate ai cosiddetti rifiuti speciali, interrati in discariche o cave abusive, ma si sa quanti ne sono stati gettati in mare?” Progetto semplice ed ambizioso nello stesso tempo, ma si può realizzare? Quale è il suo grado di fattibilità? “Ecco, è la domanda che da anni mi viene posta anche dagli addetti ai lavori, che ben sanno invece che tutte le necessarie conoscenze e tecnologie già esistono e già sono utilizzate: sono italiane, tanto per fare qualche esempio, i sistemi nautici per realizzare in Nord Europa il ponte con la campata più lunga del mondo, è italiana la piattaforma per perforazioni più grande del mondo come la realizzazione di una centrale elettrica galleggiante in Africa. E se poi diamo un’occhiata all’estero ci accorgiamo che con la costruzione di ‘Freedom Ship’, che sarà ultimata nei prossimi tre anni, sono disponibili tutte le soluzioni tecniche necessarie per il mio progetto. Insomma si tratta di trasformare una emergenza in una opportunità: i rifiuti possono diventare in pochi mesi il carburante per produrre energia elettrica, è come se le maleodoranti discariche della nostra regione si trasformassero in altrettanti giacimenti di petrolio!” Sicuramente interessante se si pensa ai tempi di costruzione di un impianto a terra (circa 8-10 anni) e quelli di un impianto marino (12-18 mesi): e allora, domandiamo a Salvatore Valva, quale è il problema? “Il problema è che questa è la soluzione del problema…”
ADC